“I Talebani hanno distrutto tutto quello che l’Afghanistan ha costruito nei campi dell’istruzione, dell’occupazione, del rispetto dei diritti umani e del rispetto dei diritti delle donne”.

Nel caso in cui non fossero sufficienti le recenti reazioni ai tentativi di apertura diplomatica con il governo talebano[1], e nel caso in cui non fosse sufficiente il continuo susseguirsi di notizie drammatiche provenienti dall’Afghanistan, potrebbe essere utile ascoltare le persone che hanno vissuto il repentino cambiamento dello scenario politico Afghano in prima persona. Potrebbero spiegarci, queste persone, perché il riconoscimento del nuovo Governo sarebbe un fallimento non solo della politica internazionale e della Nato, ma anche di tutta quella parte di mondo che considera inalienabili i diritti umani e che difende quotidianamente i processi di conquista dei diritti civili e politici. Le parole di chi ha vissuto l’esperienza di conquista e dominio da parte di gruppi estremisti e fondamentalisti rappresentano un monito nei confronti di tutto il mondo occidentale, oggi più che mai protagonista di dibattiti sempre più confusi e polarizzati sul concetto di “libertà”.

Nelle parole di Abdul Razaq, Abdullhamid, Abdullah e Abdulkarim trovano spazio non solo la consapevolezza che la narrazione trasmessa a livello internazionale sui recenti avvenimenti sia parziale e indiretta, ma anche una ferma e risoluta condanna nei confronti di ogni possibilità di preconizzare un futuro per l’Afghanistan che contempli la presenza dei gruppi estremisti. Ci sono tratti di storia antica e recente nel racconto di questi quattro ragazzi, ci sono elementi della cultura Hazara e di un dramma fatto di persecuzioni ideologiche e religiose che il mondo occidentale ignora. E c’è soprattutto una descrizione precisa del concetto di libertà vista come opportunità per fare e non come diritto di non fare. La libertà a cui queste persone non hanno voluto rinunciare non ha alcun tratto in comune con la nostra ossessiva e individualista idea di libertà di e libertà da. La loro libertà è quella necessaria per fare quello che devono fare: studiare, formarsi, lavorare e crescere. La loro libertà è come la loro fuga, e prevede una cosa che noi, nel tepore delle nostre sacrali democrazie, rischiamo di perdere: uno scopo.

Benvenuti ragazzi, e grazie per questo insegnamento. Nessuno nasce libero e nessuno ha la certezza di morire libero. La libertà è una scelta che si persegue ogni giorno, con l’impegno e il coraggio.

 

Fabio Codias – Mr. Grab

 

[1] https://www.repubblica.it/esteri/2021/10/10/news/afghanistan_primi_colloqui_tra_stati_uniti_e_talebani_i_mullah_nessuna_collaborazione_contro_isis_-321595907/

“I Talebani hanno distrutto tutto quello che l’Afghanistan ha costruito nei campi dell’istruzione, dell’occupazione, del rispetto dei diritti umani e del rispetto dei diritti delle donne”.

Nel caso in cui non fossero sufficienti le recenti reazioni ai tentativi di apertura diplomatica con il governo talebano[1], e nel caso in cui non fosse sufficiente il continuo susseguirsi di notizie drammatiche provenienti dall’Afghanistan, potrebbe essere utile ascoltare le persone che hanno vissuto il repentino cambiamento dello scenario politico Afghano in prima persona. Potrebbero spiegarci, queste persone, perché il riconoscimento del nuovo Governo sarebbe un fallimento non solo della politica internazionale e della Nato, ma anche di tutta quella parte di mondo che considera inalienabili i diritti umani e che difende quotidianamente i processi di conquista dei diritti civili e politici. Le parole di chi ha vissuto l’esperienza di conquista e dominio da parte di gruppi estremisti e fondamentalisti rappresentano un monito nei confronti di tutto il mondo occidentale, oggi più che mai protagonista di dibattiti sempre più confusi e polarizzati sul concetto di “libertà”.

Nelle parole di Abdul Razaq, Abdullhamid, Abdullah e Abdulkarim trovano spazio non solo la consapevolezza che la narrazione trasmessa a livello internazionale sui recenti avvenimenti sia parziale e indiretta, ma anche una ferma e risoluta condanna nei confronti di ogni possibilità di preconizzare un futuro per l’Afghanistan che contempli la presenza dei gruppi estremisti. Ci sono tratti di storia antica e recente nel racconto di questi quattro ragazzi, ci sono elementi della cultura Hazara e di un dramma fatto di persecuzioni ideologiche e religiose che il mondo occidentale ignora. E c’è soprattutto una descrizione precisa del concetto di libertà vista come opportunità per fare e non come diritto di non fare. La libertà a cui queste persone non hanno voluto rinunciare non ha alcun tratto in comune con la nostra ossessiva e individualista idea di libertà di e libertà da. La loro libertà è quella necessaria per fare quello che devono fare: studiare, formarsi, lavorare e crescere. La loro libertà è come la loro fuga, e prevede una cosa che noi, nel tepore delle nostre sacrali democrazie, rischiamo di perdere: uno scopo.

Benvenuti ragazzi, e grazie per questo insegnamento. Nessuno nasce libero e nessuno ha la certezza di morire libero. La libertà è una scelta che si persegue ogni giorno, con l’impegno e il coraggio.

Fabio Codias – Mr. Grab

[1] https://www.repubblica.it/esteri/2021/10/10/news/afghanistan_primi_colloqui_tra_stati_uniti_e_talebani_i_mullah_nessuna_collaborazione_contro_isis_-321595907/