Cosa hanno in comune Muhammad Ali, un croissant alla marmellata e un’Impresa sociale?
C’eravamo una volta, e precisamente il 29 gennaio, io e Marco che arrivavamo alla stazione di Milano con la nebbia del mattino e una gran fame.
Io sognavo un croissant alla crema, però al bar della stazione erano finiti e così ne ho chiesto uno alla marmellata. Arrivata a metà, di marmellata nel mio croissant ancora non c’era traccia e se non trovare il proprio croissant preferito è triste, un croissant vuoto è anche più triste. Il barista però, incrociando il mio sguardo tradito, ha detto: “Guarda meglio”.
Allora sì, finalmente, proprio in punta, ho intravisto un delicato color albicocca.
Con Marco ci siamo avviati verso la fondazione AEM per la nostra giornata di formazione sullo storytelling organizzata da Opes-Lcef chiedendoci se le persone che si erano alzate abbastanza presto da accaparrarsi tutti i croissant alla crema del bar centrale della stazione di Milano prima delle 8 stessero ormai già pranzando e soprattutto se il mio fosse stato un croissant ripieno di delusione o un croissant quasi vuoto con sorpresa.
Poi Mauro Berruto e Elena Miglietti, docenti della Scuola Holden, ci hanno intrattenuto per cinque ore parlando di storie e ci siamo dimenticati della questione.
Abbiamo pensato invece a Omero, primo telecronista sportivo della storia,
a Mys di Taranto, il pugile che in tutta la sua carriera non vinse neanche un incontro finché a 44 anni pensò bene di vincere direttamente le Olimpiadi (un po’ come trovare la marmellata in punta di croissant proprio quando pensi che sia del tutto vuoto, immagino), all’incipit di Lolita e a quello di Sei un mito degli 883, a Pdor figlio di Kmer e all’etimo della parola “politica” che è “vita pubblica” e “arte de popolo”, a Hedy Lamarr, famosa per essere stata la donna più bella del mondo e un po’ meno per il suo ruolo di co-inventrice del wi-fi, a Ilaria Testa e a Muhammad Ali, la farfalla, che è stato anche l’autore della poesia più breve del mondo: “Me, we”. Io, noi.
Io – noi, due parole per descrivere un immenso circolo virtuoso dove la qualità del singolo nutre l’organizzazione di cui fa parte affinché essa possa migliorare e restituire ai singoli condizioni ancora più efficaci per sviluppare le proprie qualità.
C’è, in questa crescita, un’energia che ha bisogno di essere raccontata; perché raccontare significa proprio conservare l’energia, trasportare intensità da un essere umano all’altro, mettere in moto bellezza, contaminare la realtà con punti di vista diversi arrivando a creare qualcosa che ancora non esiste, come hanno fatto un medico in pensione, un ingegnere specializzato in stampanti 3D, un divulgatore scientifico e il responsabile marketing di Decathlon quando, nel 2020, hanno trasformato una maschera subacquea in un respiratore che ha salvato la vita di molte persone.
Muhammad Ali lo sapeva che nelle parole c’è tutto questo potere, e componeva poesie in rima prevedendo il round durante il quale avrebbe steso il suo avversario sul ring.
Allora mi sono ricordata perché nel 2024 è ancora così importante andare fino a Milano e farsi rifilare un croissant vuoto ma non fino in fondo per sentir parlare di storytelling, coinvolti da realtà che credono nelle storie e nei legami che possono creare.
Mi sono ricordata di quante cose belle e delicate esistono al mondo e del fatto che raccontarle sia un atto di attenzione e cura, per non assuefarsi troppo alle storie brutte che sentiamo tanto spesso.
E ho deciso che anche se il mio croissant non era stato un ottimo inizio di giornata, poteva comunque essere un buon inizio per una bella storia.
Silvia Rossi – Ufficio Comunicazione