IL VIAGGIO DI ARCU’

(dal laboratorio creativo di stop motion del S.S.E.R. Il Cormorano)

 

Il Servizio socio educativo riabilitativo Il Cormorano si occupa di minori dai 5 ai 17 anni in carico al servizio di Neuropsichiatria Infantile dell’ASL Città di Torino e del Servizio Sociale della città di Torino, e delle rispettive famiglie.

Gli interventi con i minori includono attività laboratoriali utili a stimolare l’espressività e implementare le competenze legate alla sfera emotiva. Un esempio è il laboratorio di stop motion, che utilizza la manualità creativa e la narrazione per raccontarsi e raccontare il proprio mondo interno.

Cos’è lo stop motion?

Lo stop motion è una tecnica che consiste nello scattare una serie di fotogrammi di un oggetto o di un disegno bidimensionale cambiando ogni volta la sua posizione nello spazio, per poi proiettare le immagini una di seguito all’altra. In questo modo, il processo di costruzione della narrazione può essere sezionato, scandito e analizzato passo passo.

Proprio utilizzando questa tecnica, nel 2022 alcuni bambini afferenti al Cormorano, con il prezioso supporto della Volontaria del Corpo Europeo di Solidarietà Elèna e degli educatori, hanno ideato, scritto, costruito, e raccontato una storia: quella del viaggio di Arcù.

Come?

La creazione de IL VIAGGIO DI ARCÙ è stato un vero e proprio processo.

Ogni partecipante al laboratorio ha inventato un personaggio e lo ha disegnato per utilizzarlo come “carta-modello”; successivamente si è passati alla costruzione dei personaggi in 3D con l’utilizzo di plastilina. La coreografia e gli sfondi sono stati realizzati con tempere e colori a dita, mentre l’accompagnamento musicale vede protagonista L. alle prese con la tastiera. La storia, pensata in gruppo, è stata sviluppata da A.; le riprese e la voce sono degli adulti che hanno sostenuto i bambini durante lo svolgimento dell’attività.

L’espressione dei pensieri, dei vissuti e delle emozioni di ciascuno passa attraverso le diverse tecniche e modalità per convogliare nella rappresentazione visiva del racconto.

Il viaggio di Arcù

C’era una volta Arcù, un piccolo esserino a cui piaceva viaggiare in treno. Non sapeva dove andare e per quanto tempo, amava solo salire sul vagone di un treno e mettersi in marcia.

Arcù viveva in un suo mondo fatto di sequenze e abitudini, di azioni piacevoli e rinforzanti: le piccole frustrazioni e le situazioni impreviste lo disturbavano e lo mettevano in crisi. Per questo non amava stare con gli altri, per questo non aveva amici. Arcù viveva delle sue gratificazioni e non era abituato a condividere le esperienze con un altro diverso da sé stesso.

La psicoanalista Tustin spiega che alcuni bambini tendono ad utilizzare gli oggetti come fossero persone “perché danno loro la sensazione che desiderano, la sensazione di un oggetto di estrema importanza”. Questi oggetti che sostituiscono o simulano le persone hanno un valore fondamentale per il bambino, lo gratificano sensorialmente oltre che attraverso l’esperienza, e vengono spesso preferiti al partner umano.

Per Arcù il treno è appagante e gratificante, gli fornisce la sensazione che desidera e che gli manca. Il treno, a differenza delle persone, è sicuro e prevedibile.

Però (sì, c’è il però)…

Questa volta, sul treno Arcù incontra Peter, esserino simile a lui ma di un altro colore e di un’altra forma.

Arcù non apprezza la sua presenza all’inizio, è tutto preso dal treno, dal viaggio, dal paesaggio e sapere che qualcun altro sia lì non gli piace, in quel momento esiste solo il suo treno. 

La psicoanalista Tustin afferma che “tali bambini non avendo rapporti sociali con gli altri si sentono continuamente indifesi e esposti alla minaccia di essere attaccati e feriti”. Arcù vede nella sola presenza di Peter, mai conosciuto prima, la possibilità di un contatto troppo stretto, di un attacco; perciò si tiene a distanza evitando di avvicinarlo.

Con il tempo, Arcù scopre che Peter non è minaccioso, e avere un tacito compagno di viaggio in fondo lo rassicura: non è solo in quel percorso che passa dalla città con alti palazzi, alla montagna con scure radure. Peter diventa parte della stessa sua esperienza, del treno-oggetto che lo appaga sensorialmente, e così perde i suoi aspetti minacciosi e ne acquisisce altri, a loro volta gratificanti. 

Quando però il treno si ferma e gli viene chiesto di giocare con altri esserini, Arcù è proprio stizzito, non può rinunciare al suo vagone, a quel rumore, a quell’odore per stare con qualcun altro, non può interrompere il suo viaggio.

Arcù non scende dal treno, ma resta fermo e lontano, si isola.

Per Arcù è fondamentale restare ancorato alla sua sensazione positiva, perché garantisce la sua sopravvivenza psico-fisica, e per lui è impossibile dovervi rinunciare e condividere l’esperienza con un partner.

Avvicinarsi per comprendere: il finale inaspettato.

A questo punto però succede qualcosa: sono gli altri esserini ad andare verso di lui e, così, si può ripartire. Il treno riprende il suo percorso, mostrando nuove sequenze di immagini e colori. Stavolta Arcù si accorge di non essere da solo: non parla con gli altri, ma condivide con loro il viaggio, l’esperienza, che equivale a raccontare i propri segreti più nascosti, la propria intimità.

L’esperienza di condividere con loro ciò che Arcù ama di più trasforma la relazione. In fondo non servono solo le parole per avvicinarsi agli altri.

Ora, Arcù è contento di vivere l’esperienza del suo amato treno con gli altri esserini simili a lui. Può persino scendere per poco dal suo treno per mangiare un buon gelato e per conoscere nuovi compagni, che adesso può chiamare Amici.

Tustin afferma che ogni azione fatta nei confronti di questi bambini deve essere accompagnata da messaggi che facciano capire al bambino che comprendiamo il significato del suo comportamento. L’esperienza della comprensione attraverso il pensiero e la cura favorisce il graduale processo di apertura e cambiamento.

Infatti…

Quando Topolino, il pirata Raul e Tracker decidono di raggiungere Arcù sul treno gli dimostrano di aver compreso il senso del suo comportamento, trasformando il suo isolamento in una esperienza condivisa. Questo avvicinamento ha reso possibile l’incontro e la costruzione di un legame affettivo e rassicurante. Ed è proprio il legame affettivo che convince Arcù a incontrare con meno paura la Principessa Roberta, un cane, la bambola Susy e il mostro Blu e a permettergli di sentirsi finalmente Bene.

Raggiungere l’altro dove si trova è talvolta un compito difficile, ma per il quale vale sempre la pena. 

La storia di Arcù ci insegna che la cura, l’attenzione verso l’altro e l’affetto sono le basi che ci consentono di costruire dei ponti, dei legami, anche con chi è meno predisposto alla condivisione.

Federica Ariani – Psicoterapeuta di Sistema